Anno 0 Numero 05 Del 27 - 5 - 2007
Santa Barbara in tre mosse
Primi tre frammenti di Denoma per uno studio mistico

Mariateresa Surianello
 

Nella solitudine di un cantiere autostradale, Giulio Marzaioli ha trovato ispirazione per la scrittura di un testo che poco ha di agiografico, nonostante sia dedicato a una santa. E proprio la visione di una statuina solitaria ha condotto il poeta della Compagnia Denoma ad assimilare il suo spaesamento reale a quello immaginato del simulacro. Nasce nel cuore dell’Appennino Tosco-Emiliano Santa Barbara, che Marzaioli consegna a Romina De Novellis, regista della compagnia romana, che per la prima volta decide di mettersi in scena. Sono queste le premesse di un lavoro ancora tutto in divenire che a Teatri di vetro è stato riproposto in tre quadri, tre installazioni che De Novellis ha abitato vestendo i panni di questa martire e santa paleocristiana, protettrice di vigili del fuoco e minatori, sulla scia del suo leggendario martirio che, dopo atroci torture, la vuole decapitata nientemeno che dal padre pagano.

E la si vede comparire dal lato opposto del Palladium Santa Barbara, avvolta in un telo bianco, mentre scalza raggiunge il pubblico raccolto sullo spiazzo antistante il teatro. Il luogo deputato all’Abluzione è posto infatti davanti alla porta centrale, un piccolo sedile, ricoperto anch’esso da un drappo bianco, e accanto una tinozza d’acqua. Qui, De Novellis inizia un’azione meccanica, rigida, goffa, creando un contrasto con l’armonia nel suo corpo educato dalla danza classica. E’ come se la perdita dell’amore (del padre, che la fa rinchiudere in una torre) avesse delubrificato le articolazioni e avesse gettato anche il pensiero in uno stato di smarrimento. La santa-bambina recita una litania incomprensibile (sappiamo che è una filastrocca calabrese dedicata alla santa di Nicomedia), mentre si lava e si spazzola i capelli. Tutto si compie in pochissimi minuti, con Maria Callas della pucciniana Manon Lescaut a evocare forse i patimenti della giovinetta martirizzata. Poi via, dentro al teatro, lasciando sul marciapiede gli avanzi bagnati, come la formula performativa richiede, per dirla con Emil Hrvatin (nel suo bel libro su Jan Fabre).

Stesso sviluppo per la seconda apparizione, santa Barbara arriva traballante nel luogo deputato e inizia l’azione. Peccato che l’installazione al Palladium sia stata completamente schiacciata tra due colonne e il muro, una collocazione apprezzabile forse solo se si fosse impedito al pubblico di entrare nell’atrio. Ma anche l’uscita di scena è risultata annullata dalla struttura di quel falso atrio del Palladium, e l’atto di risalire la scala, che al Rialto Santambrogio, qualche settimana fa, aveva recuperato un topos espressionista (e di certo cinema della Repubblica di Weimar), qui è rimasta solo un’intenzione della performer. Non sappiamo cosa di cotanta confusione sia arrivato a Romina che procede nella Vestizione con scatti sempre più rigidi in un meccanismo di marionetta inceppata, al ritmo delle tarantelle di Daniele Sepe. Di sicuro, questa collocazione non ha permesso il dispiegarsi dell’immagine in tutta la sua ricerca di un formalismo concettuale.

E, finalmente, a mezzanotte, richiamati da tre-quattro botti sparati ad hoc, gli spettatori in uscita dalla sala dopo l’ultimo spettacolo, si ritrovano davanti alla terza apparizione di santa Barbara, ora con più ampia possibilità di visione. De Novellis li attende in abito da sera nero, al collo un enorme rosario bianco da muro, che sembra già un cappio morale. Ormai la rigidezza della marionette in stato di trance – nella grafia usata da Lapassade – pare, appunto, approdare, attraverso il collasso, a una dimensione estatica. Il movimento si fa un poco più fluido e piccole flessioni delle ginocchia ammorbidiscono la tensione del corpo che si torce esasperandone il disequilibrio. Mentre brandelli del testo di Marzaioli emergono, mescolandosi alle musiche di Andrea Farri, a contestualizzare Santa Barbara nel chiuso della sua dimora statuaria, forse in quel cantiere sull’Appennino. Nell’estasi della sua santità Barbara si avvia verso il palcoscenico, seguita dal pubblico, che diventa parte della Processione. E, tra le note della Banda Jonica, sparisce dietro le quinte.