La foto da cui è tratta la copertina è di Riccardo Falcinelli
La foto da cui è tratta la copertina è di Riccardo Falcinelli

Anno 1 Numero 37 Del 3 - 11 - 2008
In nome del popolo italiano
Editoriale

Gian Maria Tosatti
 
«Pay attention! Movimento Irrappresentabile». E’ questa la frase che pare aver  suggellato la guerra d’indipendenza delle nuove generazioni contro le vecchie. E non è una questione anagrafica, quanto di pensiero. Accanto agli studenti questa volta ci sono i loro padri. Accanto ai loro avversari, i politici, ci sono i movimenti politici giovanili. La guerra non è dunque fra giovani e vecchi, ma fra chi pensa nuovo e chi pensa a se stesso, ossia a mantenere lo status quo.
E per una volta Famiglia Cristiana parla davvero a nome di tutti sconfessando questa finanziaria e i relativi decreti (leggi Gelmini e affini) affermando con un candore da chierichetti che il re è nudo e che non è credibile un governo che taglia i fondi per la ricerca, ma trova miliardi per salvare le banche, per mantenere Alitalia e lasciare intatti i privilegi dei parlamentari. Non è credibile un governo che per operazioni di suo interesse tratta fino allo stremo delle forze e che sulla scuola lancia dictat per decreto e li approva a botte di fiducia parlamentare dichiarando inutile il confronto con le parti sociali.

Gli studenti allora vanno in piazza. Ognuno a modo suo. In maniera talvolta confusa, ma sono i primi passi. Non è ancora tutto chiaro, non è ancora abbastanza chiaro che non bisogna rispondere alla violenza, ma qualcosa lo è in modo nettissimo: niente politici, niente strumentalizzazioni, questo movimento nasce per difendere i diritti di tutti, degli irrappresentati. Ed è appunto questo a costituire la spaccatura vera: la politica dei partiti, tutta, con buona pace anche di Veltroni che in questi giorni si sbraccia come può, non è più “deputata” a rappresentare gli interessi del paese. Di quel paese nuovo che vede l’Europa allontanarsi e che ha deciso di rompere l’immobilità e iniziare la marcia per raggiungerla.
E’ una marcia di cortei, una marcia di pensieri e di parole. E’ una marcia “contro l’Italia”. Ed è così che dev’essere, giacché oggi un cambiamento vero in questa periferia dell’impero non può venire che dal basso. Dal popolo sovrano. Dalle molte individualità che confluiscono ed iniziano a lavorare per realizzare una Controriforma.

Se tale intento vuole realizzarsi davvero, allora gli studenti dovranno iniziare a rilanciare, a pensare sempre più in alto, a parlare sempre di più, a dichiarare qual è il paese in cui vogliono vivere. Gli studenti di architettura progettino, gli studenti di legge propongano, quelli di lettere scrivano sui giornali e su internet. Creino una energia che vada ad unirsi a quella parte consapevole di italiani che da tempo sono mobilitati per costruire un’alternativa ad un futuro già scritto e reso ineluttabile da altri.
E’ una nuova coscienza popolare l’occasione che si affaccia in questa crisi. Un’occasione che non dev’essere perduta. Un’occasione per cambiare gli italiani.

Ma appunto per farlo è necessario evitare ogni strumentalizzazione, evitare di rientrare nei ranghi indecenti delle vecchie categorie, di un bipolarismo fasullo o peggio ancora di una pilotata rissa fascio-comunista. Perché ciò non avvenga la questione è: quanto siete disposti a marciare? Perché quelli che marciano assieme agli studenti (i potentati universitari, ma soprattutto i politici), non smetteranno di marciare, perché marciare è il loro mestiere. Quando gli studenti si fermeranno, perché saranno stanchi o perché penseranno ad altro, gli altri raccoglieranno i frutti della loro fatica abbandonati nelle piazze vuote. E’ andata sempre così. Senza ipocrisie, è palese che l’università prima della Gelimini fosse già in rovina, perché, quando gli studenti hanno fermato le loro marce degli anni passati, i politici e i baroni, una volta rimasti soli nella gestione ne hanno sempre fatto quello che volevano. Ma oggi la questione va ribaltata. E’ vero che marciare è il lavoro dei politici, ma i giovani hanno gambe forti. Possono e devono marciare più a lungo degli altri. Devono stancare tutti. Devono sfinirli e farli fermare. Allora saranno gli studenti a raccogliere i frutti e ad andare oltre, oltre l’università, oltre il paese, incontro all’Europa. Ma, per intanto, marciare. Ad oltranza, pretendendo dall’università che funzioni dal di fuori (cioè a livello legislativo), ma che funzioni anche dal di dentro (opponendosi ai concorsi truccati di questi giorni con la stessa decisione e con lo stesso diritto con cui ci si oppone alla Gelmini). Bisogna muoversi contro l’Italia non contro un governo che ne è solo il fantasma dell’anima. Non basta fermarsi, fermare tutto per opporsi. Bisogna fare, strafare, costruire cose che gli altri non possano distruggere. Bisogna muoversi contromano e trascinare con sé tutto il resto se vogliamo che il destino torni nelle nostre mani.