Una delle immagini di
Una delle immagini di "Manifesto. Progetto Urlo"
Un render del progetto
Un render del progetto "Stadium", uno dei molti progetti che Kinkaleri dedica agli spazi urbani.

Anno 1 Numero 32 Del 29 - 9 - 2008
La frattura delle quiete
“Manifesto. Progetto Urlo”, a Prato i dieci manifesti silenziosi di Kinkaleri

Mariateresa Surianello
 
E’ uno dei gruppi italiani meno classificabili all’interno della griglia ministeriale dei generi e per questa sua indomita trasversalità Kinkaleri incarna una delle espressioni e delle esperienze più interessanti e provocantorie della scena contemporanea. Per gli stessi motivi, proprio per questa sua urgenza creativa multidisciplinare, la formazione toscana, nata nel 1995, agisce spessissimo in spazi non teatrali, addirittura en plain air, e in molti casi in gallerie e musei e in altrettante occasioni in luoghi pubblici, inserendosi nei tessuti ospitanti, siano essi strutture architettoniche pre-esistenti o effimere, costruite ad hoc per il tempo dell’intervento. Determinante nelle azioni di Kinkaleri è il ruolo giocato dallo spettatore, non riconducibile a un semplice suo coinvolgimento mentale, ma spinto fino a renderlo fisicamente protagonista della performance. E’ questo il caso del nuovo intervento, programmato dal 29 settembre (fino al 13 ottobre), Manifesto. Progetto Urlo, un’istallazione che utilizza un mezzo particolarmente abusato nell’industria dell’advertising, il cartellone pubblicitario, appunto, come recita il titolo.
Location plurima sarà Prato, città in cui dal 2001 è basato questo “raggruppamento di formati e mezzi in bilico nel tentativo”, con un suo spazio operativo nell’ex area industriale Campolmi. In questa sua città opulenta che smorza i conflitti del nostro presente con un’operosità silenziosa, Kinkaleri accende piccoli fuochi sparsi, cercando di interrompere l’automatismo del flusso quotidiano. In alcuni punti del tessuto urbano considerati “nevralgici”, Kinkaleri andrà ad affiggere dei grossi manifesti, di tre metri per sei, raffiguranti delle persone che urlano. Dieci zone della città trasformate in luoghi di rappresentazione di altrettante immagini mute, in cui l’artificio dell’atto di urlare è mostrato attraverso la presenza in campo del microfono.

Quasi una sintesi, come un’asciugatura operata dalla memoria è questa serie di manifesti urlanti, che arriva dopo tre tappe in cui il sonoro è stato protagonista assoluto. Il progetto è partito nell’estate del 2004 a Nyon sul lago di Ginevra (per coincidenza, il 2004 è anche l’anno dell’Urlo di Pippo Debono), qui Kinkaleri, previa registrazione, è andata diffondendo con altoparlanti le urla di consenzienti persone del luogo e creando così il panico nella tranquilla località montana. Additati come provocatori i Kinkaleri furono insultati dalla popolazione che si è vista interrompere quella sua ostentata tranquillità. Le cose sono andate meglio l’anno dopo a Roma, con l’istallazione davanti all’Auditorium di una casetta inzeppata di casse altoparlanti che sprigionavano urla strazianti. Intervenne però la polizia ad anticiparne la conclusione. L’urlo evidentemente è qualcosa di inascoltabile e vedremo se a Prato si dimostrerà anche qualcosa di inguardabile. Se si pensa a L’urlo di Munch come capostipite, il suo comparire sulla scena pittorica di fine ‘800 certo non lasciò gli spettatori indifferenti.

Atto che scaturisce dal profondo e che presuppone uno sforzo nell’emissione, consigliato alla stregua del pianto, l’urlo potrebbe avere una funzione liberatoria. Sia esso di gioia, di rabbia, di dolore o di angoscia è meglio comunque tenerlo nascosto, non è manifestazione da compiere in pubblico e quando ciò avviene gli spiazzamenti sono assicurati. Però Kinkaleri ha sperimentato anche un altro tipo di rapporto che si crea con l’atto di urlare: davanti a 12mila persone presenti a San Siro per Circular Domus (organizzata nell’ambito della Fiera del mobile di Milano). Col titolo Stadium il gruppo ha dato vita per due ore a un’azione che prevedeva che solo alcune persone prestabilite raggiungessero il centro campo dove era piazzato un microfono e da lì lanciassero il proprio urlo. L’esito fu una imprevedibile ressa per guadagnare quel microfono e urlarci dentro. Centinaia di persone sovraeccitate cercarono di entrare in campo mettendo a rischio il compimento della performance. Bisogno liberatorio o smanie di protagonismo – meglio la seconda - certo non è l’Urlo (Howl) di ribellione e di denuncia lanciato da Allen Ginsberg.

Manifesto. Progetto Urlo si svolge nell’ambito di Territoria #3, l’articolata iniziativa dedicata all’arte contemporanea, avviata il 12 settembre dalla Provincia di Prato, in collaborazione con la Regione Toscana. Con il sottotitolo “Lo spazio del contemporaneo”, Territoria #3 si snoda attraverso tre sezioni (spazio pubblico, spazio di contaminazione, spazio di formazione) e in diversi comuni pratesi. Tra tutti gli appuntamenti, il pacchetto formazione che andrà avanti per sei mesi con progetti site specific si presenta oggi come una risposta alle intenzioni del governo di liquidare l’arte contemporanea come qualcosa di incomprensibile e quindi inutile.