La locandina del Far East Film Festival 2008
La locandina del Far East Film Festival 2008
La locandina di
La locandina di "Pk.com.cn" di Xiao Jiang

Anno 1 Numero 15 Del 14 - 4 - 2008
Chinaplex
Le nuove frontiere del cinema cinese al “Far East Film Festival” di Udine

Mariateresa Surianello
 
Con l’obiettivo puntato sulla cinematografia asiatica, commerciale e popolare, il Far East Film Festival di Udine si prepara a compiere dieci anni. In programma dal 18 al 26 aprile, in due importanti spazi cittadini (Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” e Visionario), la manifestazione propone anche quest’anno una ricca selezione di pellicole, espressione di undici differenti cinematografie, comprese quelle vietnamita e indonesiana, nuove ospiti del FEFF. Dal Giappone alla Corea del Sud, dalla Malesia alle Filippine, dalla Thailandia alla Cina, da Singapore a, naturalmente, Hong Kong, provengono i 62 film, tutti in prima proiezione italiana, con la stragrande maggioranza in prima europea, a riconferma del ruolo assunto in questi anni dal festival, ideato e realizzato dal CEC (Centro Espressioni Cinematografiche), nel panorama del Vecchio Continente. Con un budget di 700 mila euro, ricavato dal co-finanziamento di Ministero, Regione, Provincia e Comune, il FEFF 2008, accanto ai film, accoglierà 50 protagonisti, tra attori, registi e produttori, per una serie di incontri dedicati al pubblico di cinefili, che però non tralasciano di alimentare le conoscenze e gli scambi tra produttori e distributori, europei ed estremorientali. Con lo scopo di analizzare l’industria cinematografica di queste due parti del globo, si svolgerà (il 21 e il 22 aprile) il convegno “Ties That Bind (legami che uniscono)”, nel corso del quale alcuni operatori asiatici ed europei analizzeranno i rapporti tra Est e Ovest e i possibili scenari di sviluppo relazioni, sul duplice fronte della produzione e della distribuzione. Tra questi, dalla Cina, arriveranno a Udine, Peter Loher, fondatore, una decina di anni fa, della prima società di produzione indipendente, la Imar Film Co, e artefice di co-produzioni anche europee, e Jimmy Wu, fondatore e direttore della Chinaplex, una delle maggiori catene di multisala, oltre che produttore e distributore. In particolare, Wu è chiamato a raccontare la trasformazione che in questi anni hanno avuto le figure del regista e del produttore, spiegandone il percorso e le derivazioni, e le influenze assorbite, prima sovietica e poi hollywoodiana.

Come tutta l’industria cinese, anche quella del cinema commerciale è in crescita esponenziale, un altro fenomeno di produzione, il cui unico ostacolo al consumo è rappresentato – oltre, certo, dalla censura preventiva – dalla scarsità delle sale. Alla rimozione di tale impedimento partecipa Jimmy Wu con la costruzione dei suoi Chinaplex – afferma Sabrina Baracetti, presidente del FEFF – sia nelle città, sia nelle zone agricole. Del resto, come il cartellone udinese ben raffigura, i film prodotti soddisfano gusti diversi, coprendo tutti i generi, dalla commedia, anche black, ai drammi sentimentali, al pop-fantasy di Pk.Com.Cn, firmato da Xiao Jiang e sponsorizzato dal portale sina.com, fino alla rilettura di pagine storiche recenti. E’ il caso di The Assembly del campione d’incassi Feng Xiaogang (grande successo aveva ottenuto anche con l’Amleto shakespeariano, ma in versione femminile, di The banquet –Yeyan, a Venezia fuori concorso, nel 2006), film di guerra svincolato dalla retorica di partito, nonostante l’irrigidimento della censura che la stessa Baracetti osserva in questa vigilia di Olimpiadi. Un restringimento nelle maglie del National Film Bureau rimbalzato sui media occidentali per le aspre reazioni all’uscita veneziana di Ang Lee con Lussuria, protagonista la “conturbante” Tang Wei, le cui immagini sono state bandite dal territorio cinese. Ma già qualche mese prima, in occasione della Berlinale, la poco osservante Li Yu col suo “spregiudicato” ritratto di donna, confezionato per Lost in Beijing, aveva fatto infuriare la censura. La regista trentenne lasciava trasparire l’inarrestabile degrado dei valori e dei sentimenti, svenduti nel mercato globale, e, in particolare, l’aberrata quotidianità della megalopoli pechinese.

Anche il cinema commerciale cinese, che sempre più spesso – ricorda la presidente del FEFF di Udine – è frutto di coproduzioni, anche con le majors hollywoodiane, sembra oramai approdato a storie di ordinaria realtà. Sono film che descrivono una società non dissimile da quella occidentale, con personaggi nei quali non è difficile immedesimarsi anche fuori Cina. E sono quindi prodotti esportabili. Difatti, in dieci anni, quello che il FEFF ha mostrato – dice Sabrina Baracetti - è stato acquistato, anche in video, in Europa (Francia, Germania, Austria), ma pochissimo in Italia. E’ una questione di sensibilità. I distributori italiani non rischiano, mancano di conoscenza e sono pieni di pregiudizi.

Per il programma completo del Far East Film Festival www.fareastfilm.com.