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Anno 3 Numero 03 - 01.03.2011 |
Anno 1 Numero 37 Del 3 - 11 - 2008 |
La ricotta di Otello |
Una icona sintetica dell’essere nel presente |
Ascanio Celestini |
Il più grande attore del ventunesimo secolo si chiama Gaetano Ventriglia. E' partito da Foggia e piano piano è arrivato fino a Livorno passando per Deliceto e Ariano Irpino, per la Ciociaria e persino per Roma. Ma si sa che l'attore viene sempre da lontano. Lo diceva Eduardo che era il più grande attore del secolo precedente. Tutto quello che è passato per il teatro negli ultimi cinquecento anni è morto. E' morta la commedia dell'arte (e chissà se c'è stata veramente) e si è consumata la stagione dei grandi attori. La regia è diventata una catena di montaggio per fare spettacoli in serie con attori infagottati di costumi, tesi come armature, ingrugnati e strilloni. Il gentile pubblico è deportato in luccicanti teatri, si spengono le luci e anche le speranze di assistere a uno spettacolo di esseri umani vivi. Persino l'avanguardia è soffocata negli stravizi, coccolata da critici addormentati in penultima fila, amleticamente indecisi se amare gli attori o amare se stessi hanno finito per fare sesso coi primi e innamorarsi dei secondi. L'avanguardia impoverita da artisti incapaci di sbucciare una mela, divenuti sordi per non essere sordidi. E il teatro civile? Gli arrabbiati narratori di tragedie? I cantori del popolo che scavano con la pala teatrale nell'orto della memoria e resuscitano nonni morti che hanno perso la guerra? Sono abbrutiti dalle tournée in ristoranti dove il cameriere ti prepara un panino con mortadella all'adrenocromo perché la cucina è chiusa. I vendicatori dei vinti ripartono all'alba da Infondoalmondo per arrivare in tempo a Inculoallaluna. Gli insegnanti col doppio mento nei laboratori teatrali dei sottoscala di palazzine accanto all'autolavaggio, i professori del doppio senso nei dipartimenti degli atenei con distribuzione a gettone di lauree o i registi in doppio petto nelle scuole a cinque stelle ti insegnano che all'estero il verbo recitare o interpretare quasi non esiste. Ti raccontano che si usa il verbo “giocare”. Persino i tedeschi che hanno parole lunghe e composte per esprimere la complessità della loro visione del mondo (che infatti si dice Weltanschauung), persino loro oltre a vortragen e darstellen dicono spielen. Il più grande attore del ventunesimo secolo no. Non gioca e non recita. Sta in scena con un po' di ricotta e se la mangia. Solo i bambini possono recitare e giocare. Prendono un bicchiere di carta, lo riempiono di terra e vanno alla fontanella per metterci un poco d'acqua. Mescolano con un pezzo di legno, si mettono a gambe incrociate sul prato, dicono “buon appetito” e giocano, e recitano. Sul palco del suo Otello alzati e cammina Gaetano Ventriglia si mangia la ricotta. E non può essere un oggetto di scena che ti porti appresso per due anni di repliche come il teschio e la calzamaglia che gli attori tromboni hanno sempre nella ventiquattrore. Deve essere fresca perché mangiare e fare teatro non è uno scherzo. Perché Gaetano non interpreta un uomo che mangia, non finge di stare in quell'angolo del palco col piatto in mano. Ci sta per davvero. Per fare il teatro basta fare le cose. Farle e basta. Questo articolo è apparso anche sul numero del 14 ottobre 2008 dei Viaggi di Repubblica |